L’associazione del consumo di carni rosse al tumore al seno e al tumore colorettale è stata più volte dimostrata, ma i rischi non si fermano a questi distretti e interessano anche altri siti e altre neoplasie meno prevalenti. O per lo meno sugli altri e su quelli rari c’è meno chiarezza e meno solidità nei dati epidemiologici disponibili. Gli studi e le revisioni di studi riguardano soprattutto gli Stati Uniti dove il consumo di carne, e carne rossa è particolarmente elevato, di certo superiore ai consumi tipici delle aree mediterranee, asiatiche o nord europee ma un occhio agli ultimi dati vale la pena darla in quanto si confermano le correlazioni positive, più o meno marcate, tra consumo e sviluppo di neoplasie, anche se in alcuni casi la tendenza si inverte.
Domande per misurare
I risultati più recenti sono stati elaborati su una coorte di uomini e donne, tra 50 e 71 anni in pensione, nell’ambito dell’indagine National Institutes of Health—AARP Diet and Health Study.
In sostanza, mezzo milione di persone sono state intervistate con un questionario, che con 124 domande ha accertato e quantificato il consumo e la dimensione delle porzioni di carni rosse e derivati. La distinzione tra le due tipologie di alimenti prevedeva in un caso carne di manzo, di maiale o di agnello, nell’altro le carni lavorate o incluse in preparazioni: salsicce, pancetta, prosciutto, insaccati, carne pressata in scatola bianca o rossa, affetti misti, hot dog e hot dog a basso contenuto di grassi fatti con carne di pollo, ma anche in aggiunta a pizze, lasagne, sughi, chili e stufati. Durante i quasi sette anni di monitoraggio, ci sono state circa 53 mila diagnosi di tumore, quasi 37 mila tra gli uomini e circa 16 mila tra le donne, e, per ogni mille calorie, il consumo medio di carne o derivati era di 34,6 grammi. Già una prima associazione la si notava nella distinzione di genere: il consumo medio tra gli uomini era 38 grammi, più alto di quello delle donne, 29,5 grammi. A voler suddividere i consumi in quote, la più bassa per le carni rosse era di 9,8 g/1000kcal, la più alta era di 62,7 g/1000kcal; per le carni lavorate era 1,6 g/1000kcal e 22,6 g/1000kcal, rispettivamente.
Più probabile ammalarsi
Sovrapponendo i dati dei consumi a quelli delle diagnosi di tumore si confermava l’associazione positiva con aumento del rischio relativo in base alla quota di carni consumate. Rispetto al consumo minimo, il più alto era associato a un maggior rischio relativo di tumore esofageo (1,51), colorettale (1,24), epatico (1,61), polmonare (1,20). E anche eliminando il fumo come fattore di rischio l’associazione non si alterava e rimaneva comunque forte. Non è stata invece riscontrata la correlazione con tumori gastrici o della prostata, con leucemie linfomi o melanomi. La tendenza generale si confermava anche con i consumi di carne lavorata in vari modi, anche se con valori al limite della significatività. I consumi maggiori comportavano un rischio relativo maggiore, rispetto a quelli minimi: 1,20 per il tumore colorettale, 1,16 per il tumore polmonare e alla prostata, 1,30 per il mieloma. Un dato inatteso, invece, era l’associazione inversa con leucemia e melanoma: 0,70 e 0,88, rispettivamente, il rischio relativo per le due malattie.
Molecole dannose
Indipendentemente dal tipo di lavorazione o cottura, la carne rossa può essere connessa alla carcinogenesi attraverso vari meccanismi biologici. Per esempio è una fonte di grassi saturi e ferro, che sono stati associati in modo indipendente alla formazione di masse tumorali: i primi rappresentano un carico nel bilancio energetico e recentemente sono stati associati al tumore mammario; il ferro genera radicali liberi, produce uno stress ossidativo ed è stato associato a tumore epatico e colorettale. La carne è anche fonte di sostanze mutagene come i http://www.facebook.com/note.php?note_id=158703667500349&id=127797533917398#!/pages/Uniti-contro-la-multinazionale-del-CANCRO/127797533917398 (NOCs), idrocarburi policiclici aromatici (PAHs) e amine eterocicliche (HCAs). L’esposizione ai NOCs dipende dalla loro formazione endogena a sua volta direttamente correlata alla quantità di carne mangiata e alla quantità di nitriti presenti per conservarla e di ferro organico. Gli altri due gruppi di sostanze dipendono, invece, dalla cottura della carne: si formano quando viene portata a temperature elevate. Producono, con effetto dose-dipendente, una frammentazione del DNA e nei roditori hanno dimostrato di provocare tumore in diversi organi e tessuti con somiglianze forti con modelli umani.
Simona Zazzetta
Fonti
Cross AJ et al. A Prospective Study of Red and Processed Meat Intake in Relation to Cancer Risk. PLoS Med. 2007 Dec 11;4(12):e325
da http://www.dica33.it/
Consigliamo: Uniti-contro-la-multinazionale-del-CANCRO
Malasanità; infiltrazioni mafiose, mancanza di fondi, strumenti, strutture e professionalità. La "sanità" è fallita, ma queste sono solo giustificazioni dell'establishment. La via intrapresa dalla medicina è sbagliata. Le cure sono dentro di noi e non fuori. Cosa ci avvelena e perchè? Cercheremo di dare queste risposte e in sintesi "le cure" che spesso corrispondono a non assumere un "qualcosa" piuttosto che ingerirlo.
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